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Cicerone
De Natura Deorum, I, 77
 
originale
 
[77] Primum igitur quidque considera, quale sit; arripere enim mihi videmini quasi vestro iure rem nullo modo probabilem. [Primum] omnium quis tam caecus in contemplandis rebus umquam fuit, ut non videret species istas hominum conlatas in deos aut consilio quodam sapientium, quo facilius animos imperitorum ad deorum cultum a vitae pravitate converterent aut superstitione, ut essent simulacra, quae venerantes deos ipsos se adire crederent. Auxerunt autem haec eadem poetae, pictores, opifices; erat enim non facile agentis aliquid et molientes deos in aliarum formarum imitatione servare. Accessit etiam ista opinio fortasse, quod homini homine pulchrius nihil videatur. Sed tu hoc, physice, non vides, quam blanda conciliatrix et quasi sui sit lena natura? An putas ullam esse terra marique beluam, quae non sui generis belua maxime delectetur? Quod ni ita esset, cur non gestiret taurus equae contrectatione, equus vaccae? An tu aquilam aut leonem aut delphinum ullam anteferre censes figuram suae? Quid igitur mirum, si hoc eodem modo homini natura praescripsit, ut nihil pulchrius quam hominem putaret? * * eam esse causam, cur deos hominum similis putaremus:
 
traduzione
 
77. Ma prima di tutto considera bene quale sia l'esatto peso di ciascun argomento. A mio parete, infatti, voi vi sforzate di strappare arbitrariamente una conclusione che non pu? in alcun modo essere dimostrata. Innanzitutto chi, considerando la realt? delle cose, fu mai tanto cieco da non accorgersi che codesto trasferimento dell'aspetto umano alla divinit? fu dovuto o a una ponderata deliberazione dei sapienti, col preciso scopo di avviare le ment? degli indotti al culto degli d?i strappandoli alla loro abiezione morale, o ad una pratica superstiziosa che introdusse l'uso di immagini venerando le quali gli uomini credettero di essere alla diretta presenza degli d?i? Molto contribuirono poi alla diffusione di quelle idee i poeti, i pittori e gli artisti, data la difficolt? di rappresentate sotto una forma diversa dall'umana gli d?i nell'atto di compiere o di intraprendere un'azione qualsiasi. Un altro contributo al l'affermazione di questo concetto fu forse anche arrecato dalla naturale fiducia dell'uomo nella sua superiore bellezza. Ma tu che sei studioso di problemi naturali non vedi quale insinuante mediatrice e quasi mezzana di se stessa sia la natura? Pensi tu forse che possa esservi in cielo o in terra anche un solo animale che non provi il pi? grande dei piaceri nell'unirsi ad un suo simile? Se non fosse cos? che cosa impedirebbe ad un toro di desiderare una cavalla o ad un cavallo di desiderare una giovenca? Pensi forse che un'aquila o un leone o un delfino antepongano al proprio aspetto quello di un altro animale? Che c'? dunque di strano, se la natura ha indotto l'uomo a non riconoscere in alcun altro essere una bellezza superiore alla sua, e se per questo noi riteniamo gli d?? simili agli uomini?
 

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